FAZI
Fiera Agricola Zootecnica Italiana
È la manifestazione dedicata al settore primario, attrezzature agricole e zootecnia in programma dall’1 al 3 febbraio al Centro Fiera di Montichiari (BS).

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Fiera Agricola Zootecnica Italiana

Effetti dei cambiamenti climatici, aumento dei costi di produzione e imprevisti multipli, dalla pandemia alla guerra in Ucraina fino alla crisi delle catene logistiche, scenari che hanno infiammato i mercati. Una combinazione che ha avuto un’influenza sui prezzi, che il professor Daniele Rama, economista agrario e direttore dell’Osservatorio del mercato sui prodotti zootecnici dell’Università Cattolica, sintetizza in una manciata di numeri. “Fra settembre 2020 e settembre 2022 il prezzo del mais è cresciuto del 114%, la soia è aumentata del 74% fra agosto 2020 e agosto 2022 – elenca il prof. Rama -. Persino il fieno, che ha storicamente un andamento sostanzialmente stabile, nel giro di due anni, fra gennaio 2020 e gennaio 2022, ha registrato un boom del 366%, innescando inevitabilmente un problema di redditività nelle stalle italiane, che solo con l’aumento del prezzo del latte hanno recuperato marginalità”.

Il quadro è emerso ieri pomeriggio alla 94ª Fiera Agricola Zootecnica Italiana (FAZI) di Montichiari, nel corso del convegno dedicato al tema “Alimentazione: fattore chiave per una stalla competitiva”, promosso dall’Informatore Agrario.
Ed è sul futuro del latte che potrebbero trovare conferma notizie positive, almeno secondo le previsioni del prof. Rama. “Quella marginalità che è stata recuperata dovrebbe mantenersi anche nei prossimi mesi – preconizza -. I prezzi dei formaggi Dop tengono, i formaggi freschi anche. Se non dovessero intervenire fattori destabilizzanti, la sensazione è che i margini di redditività per le stalle non dovrebbero ridursi”.

Ma sullo sfondo del futuro della zootecnia da latte in Pianura Padana si staglia l’incognita dei cambiamenti climatici e il futuro di una coltura principe per la razione alimentare delle bovine, come il mais. Nel giro di una quindicina di anni il tasso di autoapprovvigionamento si è ridotto sensibilmente, passando dal 100% al 50% circa, esponendo l’Italia a incrementare progressivamente le importazioni. Inoltre, le prospettive di una crisi climatica in atto e l’eventualità quasi scontata (così almeno la vedono i climatologi) che le prossime stagioni registrino ulteriori rialzi della temperatura, invitano gli agricoltori a riflettere.

Come muoversi, dunque? A margine del convegno il prof. Rama si interroga su quella che rischia di diventare una questione cruciale. “Dobbiamo chiedercelo: la coltura del mais è ancora compatibile con situazioni di scarsità di acqua come è capitato nei mesi scorsi? La qualità del mais resterà elevata o siccità ed elevate temperature scoprono il fianco ad aspetti anche di natura sanitaria?”. Certo il sistema agro-zootecnico che caratterizza la Pianura Padana, un’area ad alto tasso di innovazione tecnologica e di produttività per animale, non potrà abbandonare completamente la coltura maidicola e nemmeno sostituirla all’interno della razionale destinata alle bovine. “Tuttavia, potremmo pensare ad alcune alternative in campo, come ad esempio il sorgo, oppure varietà di mais più resistenti allo stress idrico – puntualizza Rama -. Ma ritengo che in futuro, accanto al fattore mercato e, dunque, prezzi, sia da tenere nella medesima considerazione anche l’elemento acqua”.
I dati della scorsa stagione, rileva la FAZI di Montichiari su elaborazioni Teseo.Clal.it, hanno messo in luce che nel mese di luglio il 52% delle superfici coltivate a mais in Italia erano alle prese con una “forte siccità”, mentre il 28% del mais si trovava nelle condizioni di “siccità” e un altro 16% stava fronteggiando una “lieve siccità”. Uno scenario che inevitabilmente ha influito sul calo produttivo della pianta e che costringerà verosimilmente gli allevatori nel corso della prossima annata ad aumentare gli acquisti extra-aziendali di mais.

Difficile, in questa fase, gestire gli approvvigionamenti di mais da parte degli allevatori attraverso contratti di fornitura. “Si tratta di contratti-quadro, che normalmente vengono stipulati quando il mercato non è in tensione – specifica il prof. Rama -. Indubbiamente potrebbero rivelarsi come un elemento di stabilizzazione e dovrebbero essere presi in considerazione come strumento di diversificazione”.

Altrettanto essenziale, aggiunge Rama, “è intensificare la formazione, raccogliendo dati e confrontando i risultati, così da intervenire per approntare le modifiche, anche alla razione alimentare, se necessario, per mantenere i costi in equilibrio e i risultati in stalla”.